di Leece
Ben ritrovati su Grafeion gentili lettori/lettrici. Questo è senza dubbio un difficile “primo post”. Non fraintendetemi, sono più che felice di affrontarlo e di poter avere riscontro da voi nei commenti in pagina o anche in direct, tuttavia la composizione di questo piccolo articolo rimane comunque ostica in quanto man mano che scrivo mi rendo sempre più conto di come selezionare un argomento, le fonti e i materiali, sia un’attività che non va in alcun modo sottovalutata, se poi a tutto questo si aggiunge il mio desiderio di voler elaborare il tutto nella maniera meno banale possibile, beh, diciamo solo che ho avuto molto a cui pensare. Mi sembra d’uopo spiegare come mai abbia scelto un argomento tanto desueto e, senza dubbio, oscuro a buona parte di voi. Ciò che penso è che la globalizzazione ci abbia fornito innumerevoli mezzi per acquisire informazioni, l’altro lato della medaglia è che ci arriva solo ciò che gli algoritmi dei vari browser e social ritengono sia interessante per noi, questo tipo di ragionamento si applica a tutto, ciò che mi crea un po’ di disagio è che ciò si applichi alla cultura, per cui solo determinati argomenti e tendenze culturali hanno un qualche tipo di seguito. Ciò che affascina me, tuttavia, è quanto di più genuino si possa andare a scovare andando a cercare nei meandri della storia di un paese, ciò che ha forgiato una società, i suoi usi e costumi, che, specie se si parla di Asia, vanno tristemente sempre più a scomparire in favore di un occidentalismo ormai fuori controllo.
Le Kagura, che potremmo tradurre con “danze per gli dèi” appartengono alla cultura primitiva del Giappone. Si svilupparono in un periodo in cui, sebbene uno stato prendente spunto dal modello cinese si stesse formando e, nonostante il buddhismo stesse piano piano integrandosi nella società, le campagne e la sua popolazione restavano fedeli al culto dello Shinto, religione autoctona fonte di miti e leggende che avrebbero ispirato la letteratura nipponica per i secoli a venire. Nel “Kojiki”, prima opera di storiografia, nonostante realtà e mito si intreccino troppo frequentemente, vengono raccontati molti miti, uno di questi avrebbe ispirato la nascita di queste danze.
Si narra che Amaterasu-ō-mi-kami, una delle divinità più importanti nel pantheon shintoista, a seguito dell’offesa ricevuta dal fratello Susanoo, Dio delle tempeste che distrusse gli argini delle risaie costruite dalla dea e ne ostruì i fossati, si rintanò in una caverna e per tutta la sua permanenza l’oscurità calò sul regno dei cieli e sulla terra. Per far uscire la sacra sovrana dal suo cantuccio, gli dèi escogitarono vari stratagemmi ma nessuno di questi portò ad una soluzione. In fine, Ama-no-Uzume, dea dell’alba, della musica e della bisboccia, decise di esibirsi in una danza, anche piuttosto grottesca, andando a perdere buona parte del suo vestiario mentre ballava e causando l’ilarità degli dèi. Udite le risate, Amaterasu iniziò a chiedersi cosa mai potesse esserci da divertirsi tanto. Secondo le leggende, alla sua uscita dalla grotta il sole sorse di nuovo sul mondo. Susanoo venne umiliato dagli dèi in tutte le maniere possibili e costretto a scusarsi con la grande signora dei cieli. Dalla danza di Ama-no-Uzume derivano le Kagura che, come molte danze primitive, avevano lo scopo di attirare il favore degli dèi e venivano eseguite a corte e nei templi. Ciò che le rende interessanti è anche l’accompagnamento musicale, eseguito da flauti e tamburi e, talvolta, da vere e proprie canzoni. Questi momenti di comunità e divertimento forgiarono la cultura nipponica, favorendo dapprima la creazione dei miti dello Shinto e la loro divulgazione. In seguito, man mano che il buddhismo andò affermandosi, questi passatempi iniziarono ad essere utili per la diffusione di novelle a sfondo religioso che vedevano spesso i Bodhisattva come protagonisti, veicolando la morale del popolo e incrementando lo spirito comunitario che in Asia ha molto più rilievo rispetto all' Occidente. Le “Kagura” assieme ad altre tipologie di danze avrebbero costituito le basi del teatro nipponico del quale, chissà, potrei parlare in futuro.
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