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L'Italia entra in guerra

Immagine del redattore: LucaTortoreLucaTortore
- di Luca Tortore
 
Siamo nei primi anni del Novecento, il mondo vive sull’onda euforica delle innovazioni tecnologiche e scientifiche, la tecnica sta progredendo come mai prima d’ora, le condizioni di vita migliorano esponenzialmente e macchine che fino a poco tempo prima venivano descritte nei romanzi di Jules Verne ora sono realtà. L’umanità si trova nel punto più alto della sua storia. Eppure l’atmosfera è tesa; un vento di guerra, infatti in poco tempo la storia cambia radicalmente, milioni di persone si ritrovano in un conflitto anch’esso senza precedenti: la prima guerra mondiale. Tutte le principali nazioni europee e le loro colonie entrano in guerra nello stesso anno. Tutte eccetto una, l’Italia. Quello che per tutti è il conflitto 1914 - 1918, per noi è 1915 - 1918. Che cosa successe in quell’anno? Cosa ci portò alla decisione di entrare in guerra?
Tempo di lettura: 4 minuti circa

L’Europa del 1914 sprofondò a causa dei suoi stessi equilibri geopolitici, infatti, in poco tempo tutti i paesi europei scesero in guerra l’uno contro l’altro per via di alleanze pre-belliche.

In particolare le due alleanze erano: la Triplice intesa tra Francia, Russia e Inghilterra; e la Triplice alleanza tra Germania, Austria-Ungheria e Italia.

Quest’ultima alleanza, se la guardiamo dal punto di vista della geopolitica dei primi anni dieci, risulta essere molto contraddittoria. Il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico si consideravano a vicenda nemici storici, questo perché solamente una cinquantina di anni prima gli italiani vinsero diverse sanguinose guerre d’indipendenza contro gli asburgici che cedettero il controllo di numerosi territori.

Nonostante questo, sia noi che gli austriaci consideravamo più importante essere alleati con l’impero tedesco del Kaiser Guglielmo II. Questo perché entrambi l’ammiravamo: nei primi anni del Novecento la Germania superò l’Inghilterra a livello di produzione industriale e divenne così la prima potenza mondiale e, già a quel tempo, migliaia di italiani andarono a lavorare nel paese d’oltralpe e tornarono entusiasti.

Eppure, se da una parte l’ammiravamo, dall’altra la temevamo. I tedeschi avevano una società militarista con l’esercito più forte del mondo e stavano cercando di ottenere il primato anche nella marina. Nessuno poteva sapere dove si volessero fermare e sembrava che cercassero intenzionalmente la guerra per consolidare il loro dominio in Europa e nel mondo, anche se è giusto dire che un po’ tutti cercavano un nuovo conflitto per ottenere vendetta (come la Francia) o ricevere nuove concessioni (come l’Italia), però i tedeschi erano particolarmente odiati. Inoltre, anche se l’Italia era considerata come una delle grandi potenze europee, era la più debole economicamente e l’esercito non era pronto per uno sforzo simile.


Quando nell’estate del 1914 scoppiò la Grande Guerra, per via dell’invasione della Serbia da parte dell’Austria-Ungheria, noi italiani decidemmo di restarne fuori appellandoci ad una clausola del trattato della Triplice Alleanza dove, semplificando, si sottolineava il carattere difensivo del patto e non offensivo.

I tre uomini che detenevano nel nostro paese il potere effettivo erano il presidente del consiglio Antonio Salandra, il re Vittorio Emanuele III ed il ministro degli esterni, il barone Sonnino.

Questi tre decisero la nostra non belligeranza momentanea nel tentativo di capire da quale parte era più vantaggioso schierarsi.


All’inizio della guerra, nel 1914, sembrava che i tedeschi dovessero arrivare a Parigi nel giro di pochissimo tempo, eppure gli alleati riuscirono a fermarli, trasformando la guerra di movimento tedesca in una terribile guerra di trincea che caratterizzò i quattro anni successivi.

In tutto ciò, gli austriaci subirono pesanti sconfitte dai russi e il loro indebolimento accese in Italia un sentimento interventista contro di loro.

L’opinione pubblica italiana si spaccò tra i pacifisti e gli interventisti, iniziarono numerose manifestazioni di piazza che portarono al disordine l’intera penisola.

Gli stessi interventisti si dividevano in numerose correnti di pensiero; vi erano i democratici che, vedevano l’opportunità di battersi per completare il risorgimento prendendo Trento e Trieste, per stabilire la pace e scacciare gli imperi militaristi. I futuristi, guidati da Marinetti glorificavano la guerra e la consideravano come l’unica igiene del mondo. Infine gli imperialisti che, condizionati dalla teoria di Darwin, pensavano che la guerra fosse unicamente uno scontro tra popoli per stabilire chi fosse il più forte e chi avrebbe avuto il controllo del mondo.

Detto questo, l’Italia cercò di trattare con gli imperi germanici barattando la sua neutralità con la cessione di Trento e Trieste, ma, nonostante la pressione della Germania, l’Austria non cedette.

Come conseguenza di queste fallimentari trattative, l’Italia cercò di capire se Francia e Inghilterra potessero offrire di meglio e quindi iniziarono dei negoziati segreti.

Si giunse quindi al celebre patto di Londra nel quale si stabiliva che l’Italia avrebbe ottenuto l’unificazione territoriale, più altre terre nei Balcani, previa discesa in guerra affianco alla triplice intesa qualche mese dopo.


C’era un problema però: l’esistenza del patto di Londra era segreta, da parte italiana ne erano a conoscenza solo Salandra, il re e Sonnino. Infatti, le trattative si svolsero all’insaputa della camera, che, secondo lo Statuto Albertino, in caso di guerra avrebbe dovuto confermare i pieni poteri al governo. Tuttavia la maggioranza alla camera era sotto la guida di Giolitti, il quale era un convinto pacifista e non avrebbe mai concesso i pieni poteri.

Quando, a inizio di maggio del 1915, i preparativi per l’entrata in guerra furono evidenti, sorsero numerosi interrogativi da parte di Giolitti che, sostanzialmente, denuncia come il presidente del consiglio volesse trascinare il paese in una guerra che il popolo non avrebbe mai appoggiato.

Ritrovandosi con le mani legate, Salandra si dimise dal suo incarico e la capitale piombò nel caos.

Roma venne travolta dalle manifestazioni degli interventisti, mentre quelle di stampo pacifista venivano disperse dalla polizia. Figure di spicco nella vita pubblica italiana fecero numerosi interventi nelle piazze e persino Gabriele D’Annunzio tornò dall’esilio per arringare la folla alla violenza contro tutti i deputati pacifisti.


E la violenza ci fu.

Molti deputati giolittiani subirono violenze e, addirittura, un gruppo di studenti invase Montecitorio.

Le conseguenze di queste azioni furono che in un periodo di sole due settimane, la camera in qualche modo cambiò idea e affidò i pieni poteri ad un nuovo governo Salandra: fu così che, il 24 maggio del 1915, l’Italia entrò affianco alla Triplice Intesa nella Prima Guerra Mondiale.


“Chi alla patria non dà il braccio, deve dare la mente, i beni, il cuore, le rinunzie e i sacrifici”
- Antonio Salandra
 


 

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